Fabiano Minacci 28/05/2025

Roberto D’Agostino, fondatore di Dagospia, ne è sicuro: il sito continuerà anche un domani quando lui non ci sarà più. Intervistato dal settimanale Chi per celebrare le nozze d’argento del suo portale, il giornalista ha confessato di star già pensando alla morte, ma di essere tranquillo “ora che ho messo le basi e le radici perché si continui anche dopo di me“.
Quando ha aperto Dagospia aveva 51 anni e lavorava per L’Espresso. “Il sito è nato prima di tutto sull’onda del fatto che avevo 51 anni e avevo pure una crisi di mezza età che mi portava a pensare che ne sapessi qualcosa di più di tutti quelli che mi davano ordini. E poi avevo studiato bene la rivoluzione digitale, che non era stata recepita da nessuno. Quando comincio a fare Dagospia sono ancora un dipendente de L’Espresso, mi lasciano fare il sito perché nel mio contratto su internet non c’è una parola, non esiste l’esclusiva sul mondo digitale, visto che non esiste. La reazione è: “Poverino, non lo fanno scrivere sui giornali”“.
Il primo ufficio in Via Condotti “una stanza, da solo, mica mi potevo permettere una redazione“. Però si divertiva. “Me la cantavo e me la suonavo, mettevo due o tre pezzi al giorno, ora ne mettiamo 120-130. Puntavo a fare un sito di costume: nella mia vita avevo conosciuto cani e porci, avendo frequentato salotti, salottini e discoteche. Sapevo raccontare ed essere spiritoso. Così penso: “Ma come mai le storie incredibili che conosco non le racconta nessuno?”. L’ho fatto io. Il primo mese tutti inferociti: becco cinque querele“.
Dagospia, 25 anni di successi: “Il primo mese cinque querele”
“Ma come ha fatto a non chiudere il primo mese?“, si è giustamente chiesto il giornalista di Chi. “I tempi della magistratura sono così lunghi che mi scordavo la ragione della querela… E poi avevo e ho Anna (Federici, la moglie, ndr), che è mia complice in questa avventura. I vip si arrabbiavano per le foto. Io voglio sempre la foto più brutta, odio le foto in posa, devono essere senza filtri. Tutti a fare i selfie e io che metto quello che mangia, che si gratta, che si scaccola. Del resto, il successo dei social, soprattutto, nasce dal fatto che ognuno diventa il fanclub di se stesso. Ovviamente non è che racconto tutto quello che mi dicono, sarebbe impensabile. Diciamo che racconto il 50% di quel che so. Bisogna sempre vedere perché uno ti racconta una storia”.
Roberto D’Agostino è un icona. Auguri, Dagospia!